sabato 7 settembre 2013

FUORI CORSA


Ospitiamo oggi sul nostro blog il racconto di Stefano Beltrami relativo al suo recente viaggio in Uganda. Vi si parla di Africa, con la sua natura per larghi tratti ancora intatta, ma anche di un'umanità forse a noi ormai sconosciuta. E poi ci troverete anche qualche accenno alla corsa. Buona lettura.

AFRICA, NATI PER CORRERE
di Stefano Beltrami
"Mzungu", ovvero "uomo bianco". Così ti chiamano nella zona d'Africa degli altipiani e dei grandi laghi.
Uganda, perla del continente africano, grande più o meno come la Gran Bretagna, posizionato sulla linea dell'equatore, incastrato tra il Kenya, la Tanzania, il Rwanda e il Congo, dove la terra rossa contrasta con il verde delle foreste, il giallo della savana e il cielo azzurro. Dopo l'indipendenza dall'Inghilterra nei primi anni '60, un susseguirsi di dittature tra le più rigide. Anni di terrore e repressioni sanguinarie, ogni diritto civile abolito. Tiranni capricciosi e sconsiderati. Negli anni 70 più di 300.000 ugandesi perseguitati ed uccisi, un paese sull'orlo del collasso e un economia allo sfascio totale. Non vennero risparmiate le popolazioni di grossi animali selvatici per il semplice diritto di sparare e sterminare.
Oggi, l'Uganda gode di un favorevole periodo di crescita economica e di pacificazione sociale e si sta lentamente rialzando da quel tremendo passato. Il mese scorso un viaggio mi ha portato in questo paradiso all'equatore. Due settimane immerso nella natura tra laghi, fiumi, cascate, colline, montagne fino a 4.000 metri, foreste e savana. Ho navigato sul lago Vittoria, per ammirare dove nasce il fiume Nilo che da qui con un viaggio di 6.500 km sale verso il Mediterraneo. Ho sobbalzato su un pulmino sgangherato che percorrendo migliaia di km su piste sterrate, polvere rossa come i mattoni e strade tappezzate di buche e sassi mi ha fatto attraversare città più o meno grandi, villaggi di capanne, tra bananeti, colline coltivate da
piantagioni di the o semplicemente case di lamiera isolate in mezzo alla foresta. Ho dormito in stamberghe prive di acqua ed elettricità, in comode tende nella savana con un catino per lavarsi e uno specchio mezzo rotto alla parete, ma con i tramonti e gli animali che ti fanno compagnia prima di coricarti. Un silenzio assoluto rotto solo dai grilli e un cielo stellato che solo a queste latitudini si vede. Stelle che di notte sembrano più luminose. Un cielo capovolto e all'apparenza così vicino che sembra avvolgere tutto intorno come una coperta.  Nel "Queen Elizabeth National Park" ho ammirato ogni specie di animale, compresi i famosi "climbing lions" i leoni che riescono ad arrampicarsi e dormire su grosse piante, (i leoni della nostra squadra non devono prenderne però l'esempio!) e poi elefanti, giraffe, ippopotami, coccodrilli, zebre, bufali, gazzelle, scimmie e migliaia di uccelli coloratissimi. La lista è lunga. L'emozione più forte l'ho vissuta facendo un trekking nel "Parco Nazionale Bwindi Impenetrable Forest" sui monti del Virunga con i rangers alla ricerca dei gorilla di montagna, resi celebri anche da una famosa pellicola. La partenza è prima dell'alba. Due ore di jeep su una strada di sassi e buche. Quindi si prosegue a piedi. La nebbia avvolgeva la montagna proprio come recitava il titolo del film. Una leggera pioggia cadeva a sprazzi e non infastidiva la camminata, ma rendeva più sopportabile la fatica. Dopo due ore di salita ecco che la famiglia di gorilla formata da 10 componenti, tra cui 4 "Silver Back" chiamati così per la striscia di pelo argentato sulla schiena e che comandano il gruppo e una madre con il piccolo di 3 mesi per ironia della sorte ci viene incontro. Non serve rincorrerli come spesso accade, sono loro che vengono verso di noi. L'emozione ha il sopravvento. Indescrivibile se non si può viverla con i propri occhi. Solamente un'ora in loro compagnia per ammirarli da vicino e rispettarne la privacy. Sono a rischio estinzione, ne esistono solo 800 in tutto il mondo e quindi da molti anni sono superprotetti e monitorati costantemente per preservarli dallo stupido bracconaggio che ancora oggi non si riesce a bloccare.

Ma in questo viaggio altre istantanee mi resteranno impresse nella memoria. Qui si corre. Si corre per la vita. Nel vero senso della parola. Un movimento continuo. Un abitudine quotidiana. Gli animali corrono per cacciare e mangiare e per non finire prede a loro volta. Le persone corrono.  Sugli altipiani, al confine con il Kenya vive l'etnia "Kalenji", che fino a qualche anno fa per me era solo una marca di abbigliamento. La maggior parte degli atleti che vincono le maratone arrivano da queste terre. Proprio nei giorni in cui ero in viaggio l'ugandese Stephen Kiprotich ha vinto la medaglia d'oro nella maratona ai mondiali di atletica a Mosca. Campione olimpico in carica con il tempo di 2h09'.
Ma specialmente i bambini corrono. Lo fanno fin da piccoli. Corrono per andare a scuola facendo chilometri a piedi nudi, i più fortunati con delle ciabattine o scarpe improvvisate su queste strade sterrate con buche e sassi. Alcuni, così poveri da non poter nemmeno ricevere istruzione, con delle magliette strappate o rattoppate più grandi di loro, fanno avanti e indietro per queste piste sabbiose. Corrono per andare a prendere l'acqua alle pompe e magari per diverse volte al giorno si inerpicano in salita verso le loro capanne con le loro taniche sulla testa. Bambini piccoli, ma che sembrano già adulti. Tanti giocano ancora con palloni di stoffa legati con lo spago, i più piccoli hanno delle bici in legno che sembrano costruite in epoche preistoriche, alcuni hanno il classico copertone da bicicletta che fanno scorrere sulla sabbia con un bastone infilato dentro. Corrono per venirti incontro a salutarti e ti circondano e ti toccano. A decine. Tanti sono orfani, con genitori vittime dell'AIDS che qui ha ancora un alto tasso di contagio e sentono il bisogno di una carezza e di qualcuno che li abbracci. Corrono quando riparti con la jeep fino a quando non ce la fanno più e una nuvola di polvere li avvolge, mentre continuano a urlare, sorridere e con la mano a salutarti da lontano e tu ti senti impotente, ma nello stesso modo soddisfatto per aver regalato loro un pò del tuo tempo. In giro vedi pochissimi vecchi e tantissime scuole. A centinaia. Ognuna con le proprie uniformi di colore diverso da zona a zona. Ci siamo fermati in alcune. Io, Federica e i miei compagni di viaggio abbiamo lasciato penne, quaderni, vestitini e qualsiasi cosa siamo riusciti a cacciare nello zaino dall'Italia. In una scuola ho contato in una sola classe circa 97 bambini. Occhi sgranati e tanti sorrisi. Percorrendo queste strade ho pensato spesso di rivivere una maratona lunga migliaia di Km. Ho corso a New York. Sono 42 Km di saluti e urla. Chi ha provato correre qualsiasi maratona con il pubblico che incita sà di cosa parlo. Qui ho fatto centinaia di km e ad ogni villaggio sbucavano decine di bambini che correvano da tutte le parti a salutare e agitare le mani. "Mzungu how are you?" e poi "bye bye". Dal finestrino del pulmino tanta felicità per me, ma anche un nodo alla gola ogni volta.

L'Africa può essere una terapia. I grandi spazi, la natura in alcuni posti ancora selvaggia. La vita semplice. Il sorriso dei bambini che non hanno nulla. I grandi silenzi. Sono tutte cose che ci fanno pensare e forse comprendere quanto poco valore abbiano tutte quelle piccole cose per cui ci danniamo.
S. B.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Emozionante...quanto ti capisco..!
terapia di vita..
bravo stefano..
Paolo Acanfora

Anonimo ha detto...

grande Stefano, bellissimo racconto.
grazie

d.ander

Unknown ha detto...

Grande Stefano!!

Giuseppe Angeli ha detto...

Stefano è un piacere leggerti, se puoi scrivi ancora...

Davide ha detto...

Bello...bello...bello...un racconto così non riesco a definirlo in altro modo! Grande!

Anonimo ha detto...

GRANDE STEFANO !
veramente emozionante..

gianmaria

chicca ha detto...

Emozione forte!
grazie Stefano!!!

Anonimo ha detto...

Complimenti Stefano, fortunato ad avere scelto di fare questa esperienza. Bravo e grazie per avere voluto anche condividere con la piccola comunità di BSM i tuoi pensieri.
Ha ragione chi ha già scritto....una vera e propria terapia "di vita", aggiungerei "per la vita" di un uomo.
A presto
Chicco

Anonimo ha detto...

Un viaggio da sogno in un continente vero e poco intaccato dall "uomo" il tuo racconto ci fà volare fra colori,animali,emozioni.Grazie,Complimenti Stefano.Michele Este

Marzia ha detto...

Queste cose si vedono solo con gli occhi del cuore!
Bel racconto Stefano. Grazie!

Anonimo ha detto...

A peró il " gnaro de via cremuna"...bello, ...emozionante , complimenti !

Daniele

Anonimo ha detto...

Grazie Stefano, grazie per il tuo racconto e di quanto suscita..

Michele

Paolo Zanetti ha detto...

Bel racconto Stefano ognuno di noi dovrebbe provare un'esperienza del genere fa riflettere su ciò che abbiamo di superfluo bravo e complimenti

Federico ha detto...

Bello!!!!

Anonimo ha detto...

emozionante!!
grazie Stefano e complimenti per aver scelto di intrapendere un viaggio così!
Massimo B.

paolina54 ha detto...

Leggo solo ora!!!....UN IMMENSO GRAZIE Stefano per averci raccontato le tue emozioni....BRAVO!
Paolina54