martedì 16 aprile 2013

CARA BOSTON


Erano da poco passate le 20,45, ieri sera, qua in Italia, quando il tam tam dei social network e delle agenzie di stampa ha cominciato a rimbalzare le notizie dei terribili fatti di Boston: due esplosioni nei pressi della linea del traguardo della maratona, morti, feriti. E il cuore subito là, fra gli amici e i conoscenti di cui stai aspettando i risultati, fra il sangue, il panico e le lacrime della gente innocente che s'immaginava la festa e si era imbattuta invece nella ferocia di uomini come bestie, quei perversi che fanno dimenticare il Dio del perdono e ci fanno invocare quello della vendetta.
Boston. Ho sempre guardato a questa maratona con un occhio particolare, di ammirazione. Sin da quando ho iniziato a correre, è subito diventata una delle corse dei miei sogni. Più di New York, bellissima, ma ormai così inflazionata, così da fighetti. Meglio Boston, ai miei occhi più seria, dalle dimensioni più umane, con il fascino della sua storia aristocratica, basti pensare che per partecipare, solo fino a pochi anni fa, occorreva un discreto tempo di accredito. E poi quel logo bellissimo, un unicorno, animale mitologico che nella simbolica medievale significava umiltà e invincibilità.
Un altro dei simboli della Maratona di Boston è rappresentato dall'Heartbreak Hill, la "collina spaccacuore", l'ultima di quattro salite poste a poche miglia dal traguardo che spesso spezzano il ritmo di gara degli atleti, negando a molti la possibilità di un personale. Ma ieri a Boston qualcosa d'altro di ben più grande si è spaccato o quanto meno incrinato. Qualcuno ieri ha provato a sporcare il nostro sogno. Qualcuno ha sfregiato la maratona, questo simbolo di fratellanza fatto di gambe, fiato, passione, condivisione di fatica e gioia. Uccidere attraverso lo sport, ha detto ieri Mauro Berruto, coach della Nazionale italiana di Volley, è una vigliaccata dai simboli profondi. 
Oggi, mentre vedo per l'ennesima volta le immagini di quel runner buttato a terra dalla deflagrazione a pochi metri dal traguardo, quelle bandiere insanguinate, quelle lacrime, non di gioia e fatica, ma di paura, oggi ripongo per un attimo i sogni e torno indietro con la memoria. 
Da ragazzino ho vissuto gli anni delle stragi, quando le bestie erano tra noi. Piazza della Loggia è sempre lì a ricordare a noi bresciani dove può arrivare l'aberrazione umana. In anni a noi più vicini c'è stato l'11 settembre 2001. E poi altre stragi nel mondo, apparentemente senza senso, in Medio Oriente, negli Stati Uniti, in Norvegia. E ogni volta a chiederci cosa e perché è successo e cosa sarebbe cambiato dopo quel giorno. 
Ebbene, qualcuno, da qualche parte, ha di nuovo perso il controllo. Non so chi. Non so perché. Ce lo diranno, forse. Spero. So solo che adesso è facile chiamare pazzo l'autore di questo gesto, ma è evidente che è pazzo di una pazzia assai diffusa in famiglia. Oggi i televisori davanti a noi ci srotolano quelle immagini terribili e noi abbiamo quel vago sospetto di essere diventati lo show del sabato sera di qualcuno. Siamo qui, a guardarci intorno impauriti, giusto per verificare che tutto questo è vita, magari morte, ma non un film. Solo il pensiero che ai nostri amici e conoscenti non è successo nulla di grave, attutisce un poco la nostra angoscia. 
Non dovremmo, non dobbiamo aver paura per non fare il gioco di questa gente, ma un po' scioccati lo siamo, inutile girarci intorno.  Perché è come se qualcuno, improvvisamente, di nuovo, ci avesse ricordato che non ci sono più due cose, la realtà e la finzione, ma che le due cose si mischiano sempre più nei tempi e nei modi; che ormai tutto può accadere, e non solo per scherzo nelle trasmissioni televisive in cui veri uomini diventano falsi per far finta di essere veri, ma anche nelle curve più reali, atroci, clamorose e solenni del nostro accadere. Le nostre curve. Le nostre strade. La nostra vita. Sembrava un gioco: adesso non lo è più. 
Tra le tre vittime di ieri c'è Martin, 8 anni. Insieme alla mamma e alla sorella, entrambe gravemente ferite nell'attentato, era a bordo strada ad attendere il passaggio del papà, impegnato nella maratona. Solo pochi istanti prima era corso ad abbracciarlo. Chi corre, soprattutto da amatore come la maggioranza di noi, sa che non c'è nulla di più bello al mondo di una voce amica che ti incita a fine corsa. Figurarsi un figlio. 
No. Non rinunceremo mai a tutto questo.
La risposta migliore, l’unica possibile e al contempo la più ‘potente’ che si possa immaginare, ha detto oggi un rappresentante dei Marathon Cremona, la possiamo e la dobbiamo dare proprio noi maratoneti, noi podisti di tutte le nazioni, razze o religioni. E tale risposta consiste semplicemente nel continuare a correre e a vivere, dritti per la nostra strada, in ogni angolo della Terra, senza dimenticare quel che è successo, ma nemmeno facendoci condizionare nei nostri comportamenti e lasciandoci vincere dallo sgomento. Correndo anche per migliorarsi e magari vincere, ma sorridendo e sorreggendoci a vicenda nel momento del bisogno, e dando il ‘cinque’ al bimbo che, ancor più emozionato di noi, ci incita tendendoci la mano da bordo strada. 
E Domenica prossima, in qualsiasi luogo ognuno di noi si rechi per compiere la sua piccola impresa, in gara o allenamento, correremo tutti idealmente col lutto al braccio, dedicando almeno un pensiero alle vittime e ai feriti di Boston, che avevano scelto di vivere. 
Mettiamoci le scarpette: da oggi siamo tutti maratoneti. 

19 commenti:

Paolo Zanetti ha detto...

Bravo Ivano bell'articolo Domenica tutti con il lutto al braccio perché un runner non molla mai !!!!!

Anonimo ha detto...

Sei veramente in gamba Ivano, e leggendo capisco molte cose. Se x caso passassi su Twitter , quando parlo di quelli che parlano "per farsi belli" sui social network.....non è certo questo il caso. Sei una bella persona, un uomo perbene

Anonimo ha detto...

P.S: sono Floriana,scusa ma ho dimenticato di firmarmi. La solita casinara

Massimo Zambelli ha detto...

Condivido appieno, non solo nella partecipazione allo sgomento per la follia umana ma anche e soprattutto per la parte propositiva: domenica correrò col lutto al braccio e sono certo che nessun runner rinuncerà alla sua corsa, per quanto breve e lenta sia, per la paura di quanto accaduto a Boston.

Francesca ha detto...

Fa male vedere che ancora una volta hanno scelto di colpire gente comune, persone inermi e una manifestazione che, per chi la vive e chi la vede è pura vita, pura energia.

Fa bene vedere quanto sei bravo a rendere il tutto, anche a nome dei tanti che parole non ne sanno trovare.

-F-

Simone Fratini ha detto...

Ciao Ivano,
Le tue parole sono davvero toccanti e commoventi.
Un bellissimo articolo che viene dal profondo del cuore.
Bravo bravo bravo
A presto
Simone Fratini

Anonimo ha detto...

Bravo Ivano, complimenti....
Mirco

matteo ha detto...

leggo da sempre il vostro blog, soprattutto per la bravura del vostro umile scriba (anch'io da inizio anno ci provo sul sito della fal.guerrini), anche stavolta, come tante altre, hai scritto cose non scontate ma che a tratti fanno venire i brividi...complimenti, non è facile in brutti momenti come questi

Anonimo ha detto...

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daniele arcari

Anonimo ha detto...

Complimenti Ivano, hai saputo esprimere dall'animo di un apersona perbene i sentimenti di tutti gli altri "uomini onesti" come me rimasti senza parole.
Chicco

"Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza"

Marzia ha detto...

Sì, parole profonde che ben descrivono l'amarezza e la tristezza di questi momenti.
Tanta è la rabbia, ma ancor di più la forza di andare avanti. INSIEME.
Bravo Ivano.

Anonimo ha detto...

Una grande capacità di trasformare in parole il cuore e la testa di tante persone...bravo ivano...con il cuore...
Paolo Acanfora

Anonimo ha detto...

Gran belle parole Ivano.

IL COACH


Anonimo ha detto...

bravo ivano, grazie per l'ottimo pezzo sintesi di "penna", testa e cuore. Sono mezzo infortunato ed ero dubbioso su cosa fare domenica. dopo aver letto il tuo scritto ho concluso che è giusto andare comunque a londra e correre per quello che posso, con il lutto al braccio ed il "magone" nel cuore.
alberto soardi

Stefano B. ha detto...

Domenica correremo anche per te.
Ciao Martin

Paolina54 ha detto...

Grazie Ivano hai espresso con le tue parole la tristezza che c'è nei nostri cuori, ma...anche la voglia di partecipare che ci spinge sempre a rincorrere gare ovunque... dedicheremo le nostre corse di domenica col lutto al braccio alle vittime di Boston...dove correrò sicuramente per la 120 o 125 edizione!!!
Paolina54

Anonimo ha detto...

Complimenti! Bellissime parole... leggendole mi si è stretto un modo in gola...

Ico ha detto...

Caro Ivano e cari amici della ABS. Sono appena rientrato e la prima cosa che faccio è collegarmi al blog per ringraziarvi dell'interessamento. Non vi racconto nulla di quello che già sapete, ma vi dico solo che le parole di Ivano hanno centrato esattamente il punto. Da due giorni mi chiedo cosa mi spingerà ancora a correre quando dopo tutti gli sforzi e la passione che uno ci mette, qualche invasato riesce a distruggere la gioia e la serenità di tanti. Giustissimo, Ivano: continuiamo a correre e a vedere oltre il traguardo la realizzazione di tutti i sogni che ognuno di noi ha, anche quelli di un bambino di 8 anni.
Ico

Anonimo ha detto...

Complimenti!!!!Ivano
un runner non molla mai!!!
domenica correro' in loro memoria!!
piovra